Nerviano Storica Pannello 8

Chiesa della Colorina (Foto anni 40)

La Chiesa detta della Colorina è uno degli edifici più antichi di Nerviano. La sua costruzione avvenne nel decennio che va dal 1656 al 1666, anche se da alcuni documenti recentemente scoperti si suppone che il progetto fu intrapreso già nei primi anni del XVII secolo e che a causa della crisi economica e sociale nel frattempo sopraggiunta, venne sospeso per essere ripristinato soltanto in un secondo tempo. Del progettista purtroppo non si hanno informazioni certe e tantomeno disegni, tuttavia da alcuni scritti presenti in archivio parrocchiale, sembrerebbe che il progetto iniziale sia stato assegnato al celebre architetto Francesco Maria Richini che insieme a Pellegrino Tibaldi fu uno dei massimi rappresentanti del barocco milanese.

La chiesa odierna venne edificata a sostituzione di una precedente e collocata probabilmente nel sito in cui oggi si trova il palazzo nella piazza antistante. Di quella chiesa antica sappiamo che era di piccole dimensioni ed inserita in un contesto analogo a quello di molti altri oratori viscontei e sparsi nel milanese già in epoca medievale. Il primo documento relativo alla presenza di una “Capella S. Marie Collorine territorii Nerviano” è ricavato dalle “Notitia Cleri Mediolanensis” del 1398. Il documento del 1289, il “Liber Notitiæ Sanctorum Mediolani” redatto da Goffredo da Bussero, registra sul territorio di Nerviano una generica cappella dedicata a Santa Maria, tuttavia non è possibile sapere se si tratta del primitivo oratorio o di un’altra cappella sita altrove in Nerviano.

Ciò che è davvero interessante è il termine “Collorina”, che con la variante “Colloredo” risulta in alcuni atti notarili recentemente emersi dagli archivi. Tali documenti sono datati 1171, 1181 e 1260. Benché questi atti non abbiano riferimenti o menzioni a edifici sacri, ci testimoniano oltremodo un’origine millenaria della toponomastica associata a questo territorio specifico. Stando a questi nuovi documenti occorre pertanto un principio di prudenza circa l’origine del nome, che tuttavia dal 1621 venne associato ad una malattia definita “cholera”. Di tale patologia possiamo trarre solo alcune supposizioni attraverso la letteratura medica di quel tempo, infatti il termine “cholera” era sempre correlato ad un particolare colore (ad ex. “cholera nigra”, “cholera rubra” ecc.) e che a sua volta veniva associato ad una varietà aspecifica di sintomatologie. Questi concetti erano già in uso nella medicina più antica, in particolare facevano riferimento alle cosiddette “teorie umorali”.

Dai documenti presenti in archivio parrocchiale si può affermare con certezza che è soltanto dal XVII secolo che si inizia a mettere in relazione l’antico oratorio ad alcuni presunti benefici corporali, soprattutto considerata la presenza di un rivolo del fiume Olona che scorreva a pochi metri dalla chiesa. Stando ad una visita pastorale del 1621, l’acqua di questo rivolo aveva – a detta degli abitanti del luogo – poteri curativi al punto che, costruita la nuova chiesa, venne incanalato ai piedi del nuovo altare. Oggi è ancora possibile vedere all’interno della chiesa due botole che collegano questo antico canalino e che già in alcuni documenti del 1740 viene descritto come dismesso e fatiscente.

Accantonata la suggestione dei presunti benefici taumaturgici del luogo, la vera devozione infatti è riconducibile fin dai tempi remoti alla Beata Vergine Maria. Oltre alla titolazione dell’oratorio sappiamo che il culto mariano è parte integrante della tradizione Ambrosiana e della sua cattedrale, il duomo, dedicato a Maria Nascente. Da alcuni atti del 1459 sappiamo che l’oratorio di Santa Maria della Colorina era sotto l’egida della nobile famiglia Crivelli la quale ottenne il patronato e la fondazione di una confraternita dedita al mantenimento dell’edificio e probabilmente anche alla cura dei viandanti.

Infatti l’oratorio e la struttura annessa erano poco distanti, come oggi, dalla antica strada di origine romana che collegava Milano con il lago Maggiore: la “via Mediolanum-Verbannus”. Stando ad alcuni studi di Ambrogio Palestra, la chiesa della Colorina doveva trovarsi al XIII miliare di questa antica via. Era infatti abitudine, in epoca cristiana, edificare luoghi di devozione in prossimità dei “pilastrelli”: le antiche colonne miliari romane. Per quanto suggestiva possa essere questa ricostruzione, purtroppo non si hanno riferimenti espliciti nelle fonti. Oltretutto a non poca distanza dalla Colorina era presente anche l’antica cappellina detta del “Buon Consiglio”. Risulta quindi impossibile, oggi, stabilire quale dei due edifici sacri fosse associato all’antica pietra miliare.

Nella prima visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1566 secolo venne registrata la presenza di un’effigie sacra della Beata Vergine, che tuttavia “scompare” nelle successive relazioni. È probabile che questa effigie non fosse conforme alle norme appena istituite dal Concilio di Trento. A fine secolo infatti i visitatori curiali fanno pressione affinché si provveda a fornire la chiesa di una nuova immagine sacra. L’ordine non fu disatteso e nel 1601 la chiesa poté avere la sua nuova effigie. Con una buona probabilità di certezza è possibile associare la statua lignea oggi presente all’interno della chiesa a quella descritta in una minuziosa relazione del 1621. Un’effigie rappresentante la Madonna col Bambino, incoronata da due angeli e posta su di un cippo rappresentante una nuvola, che a sua volta è adornata di altrettanti angeli. Dalla nuvola emerge la caratteristica mezzaluna.  L’opera scultorea richiama una pluralità di cifre iconografiche che vanno dalla “Madonna dell’Apocalisse” alla “Madonna delle Grazie” per finire con quella della “Madonna del Rosario”: commistioni simboliche affermate nel periodo in cui la statua viene collocata dalle fonti documentali.

La costruzione della nuova ed attuale chiesa va attribuita all’iniziativa di una famiglia nobiliare emergente, quella dei Castelli che a metà del XVII secolo divennero i nuovi feudatari di Canegrate e Parabiago. Con il benestare della curia milanese e dell’allora prevosto di Nerviano Agostino Terzaghi il 29 novembre 1666 la statua della Beata Vergine venne traslata dall’antica chiesa, ormai decadente, a quella nuova. Venne mantenuta la condizione giuridica già in essere: sebbene la chiesa fosse sotto diretto controllo del prevosto di Nerviano e aperta al culto dei nervianesi, il sacerdote titolare godeva dell’amministrazione esclusiva dei beni, il Beneficio, che consisteva in alcune proprietà terriere adiacenti alla chiesa e nelle rendite prodotte dalla relativa coltivazione data in concessione ai contadini del luogo.

L’edificio è a navata unica che a sua volta è divisa in tre campate. La navata è sormontata da una volta a botte affrescata con motivi e decorazioni del XIII secolo. Sul fregio interno, al centro di ogni campata sono raffigurati dei medaglioni con all’interno l’iscrizione di alcuni dei titoli mariani espressi nelle Litanie Lauretane. L’altare anch’esso a pianta rettangolare è sormontato da una volta a padiglione, al centro di essa troviamo un medaglione affrescato rappresentante il monogramma dell’”Auspice Maria” (sotto la protezione di Maria). Frontalmente, sulla lunetta dell’abside una rappresentazione moderna dell’Annunciazione di Maria con al centro la colomba dello Spirito santo. Sul dossale, a lato, dietro ai due grandi angeli, sono rappresentati in affresco alcuni dei simboli tipici della devozione mariana (Turris Davidica, Turris eburnea, Fœderis arca, etc.). Al centro, nel tempietto con il tipico frontone barocco a ellisse spezzato, si trova la nicchia contenente la statua della Beata Vergine.

Nella campata centrale, sul lato nord, è murata una lapide di marmo nero di Varenna che ricorda i vari passaggi della fondazione e costruzione della nuova chiesa ad opera della famiglia Castelli. A fondo chiesa la balconata custodisce ciò che resta della struttura esterna di un organo a canne. Una targa interna allo strumento intesta l’opera alla famiglia di organari Prestinari di Corbetta operante nella seconda metà del XIX secolo.

La facciata è divisa in paraste. Nel modulo inferiore si trovano due edicole non più leggibili: è possibile che in passato vi fossero rappresentati san Cristoforo (protettore dei viandanti) e santa Lucia (protettrice delle malattie degli occhi e delle carestie). Nel modulo superiore si trovano due nicchie con le statue (del XX sec) dei santi Pietro e Paolo. In alto un timpano sormonta tutta la struttura.

Sul lato meridionale è possibile notare un fregio intonacato. L’iscrizione presente in tale fregio fa riferimento ad un titolo abbaziale associato alla chiesa della Colorina, tuttavia si tratta di un equivoco maturato all’epoca del canonico titolare Elia Pozzi, sec XIX, che male interpretò un privilegio attribuito ad un suo predecessore, l’Abate Nicolao Castelli e che tuttavia non aveva alcuna attinenza con la chiesetta nervianese.

La festa della Colorina viene celebrata l’8 dicembre, giorno dedicato all’Immacolata Concezione. La festa storicamente era preceduta da una novena di preghiera. In tempi più recenti le celebrazioni sono raccolte in un triduo che culmina con il giorno della festa.

Testo curato dal Gruppo “Pro Memoria Nerviano”

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